di Tina Cosmai
"L' indifferenza è il peso morto della storia".
L'eco di queste parole di Antonio Gramsci mi ha accompagnata per tutta la visita della mostra di Botero, che sono riuscita a vedere in extremis alla Permanente di Milano nel giorno di chiusura, ai primi di Febbraio. Aggirandomi fra le sessanta opere esposte - 27 ad olio e 33 su carta - ciò che mi ha ferito più nel profondo sono stati non il Cristo dolente o la Madre lacrimosa ma i volti e gli sguardi estranei e allucinati dei comprimari che popolano i quadri, soprattutto quelli di grande dimensione. Quella umanità indifferente che pullula sul Golgota o, in una visione straniante a Central Park, siamo noi.
Noi che ci giriamo dall'altra parte di fronte al dolore che incontriamo per strada, che cambiamo canale quando scorrono le immagini della guerra, che non siamo più capaci di affrontare le sofferenza di chi ci sta vicino.
I volti assenti ed enigmatici di tutti questi ignavi comprimari fanno risaltare ancor più le forme imponenti del corpo e del viso di Cristo, così come quelle più contenute della madre, con il volto perennemente solcato di lacrime che talvolta si materializzano in gocce di colore, come il sangue di Gesù, in alcune opere, si raggruma in scarlatte gocce materiche.
La folla distratta dei visitatori dell'ultimo giorno non ha fatto altro che ingigantire questo senso di indifferenza che riverberava dai quadri alle persone e viceversa in un gioco di specchi contrapposti che amplificavano il vuoto attorno al mistero della Croce, nel quale non esistono eccezioni né punti di vista moralmente privilegiati. Io stessa provando quel disagio mi sentivo una piccola parte colpevole di quell'indifferenza, né giovava a salvarmi la consapevolezza di ciò ma solo ad aumentare la sofferenza.
Quando poi ho sentito una giovane commentare con un'amica: "guarda tutti quelli lì non se ne fregano niente, povero cristo!", solo allora ho iniziato finalmente, scacciando quella sensazione invadente, a osservare con spirito critico la mostra.
Fra ironia, surrealismo e una vertiginosa tensione drammatica, esaltata dall’uso del colore espressivo e delle forme titaniche, che l’hanno reso celebre anche fra il grande pubblico, l’artista colombiano ha offerto un tributo laico all’evento epocale più tragico della storia dell’umanità, con un approccio stupito al mistero del sacro che ne evidenzia la perenne attualità.
Entrando più nell’aspetto formale, straordinari e affascinanti sono i richiami di Botero all’arte del passato, fra Paolo Uccello e Mantegna, Michelangelo e Rosso Fiorentino. Significativo di questo gioco citazionistico è la comparsa ne “Il bacio di Giuda” di un minuscolo ritratto dell’artista stesso, come era in uso dal Rinascimento in poi.
All’opposto in diverse opere i comprimari di Cristo vestono abiti contemporanei, così come sono contemporanei architetture e paesaggi, a sottolineare che la Via Crucis è presente trasversalmente in tutta la Storia: si volge – sempre - qui e ora!
Il 24 novembre scorso, Fernando Botero, che ha realizzato questa opera (poi donata al Museo di Antioquia di Medellin) fra il 2010 e il 2011, avrebbe dovuto partecipare all’inaugurazione, ma il 15 settembre l’artista è scomparso, così la mostra milanese è diventata la sua prima esposizione postuma.
Speriamo che Botero continui per molto tempo ad aiutarci a sconfiggere l’indifferenza!
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