L’11 marzo del 2011 il Giappone è stato vittima di un violentissimo terremoto seguito da uno sconvolgente tsunami che ha colpito anche la centrale nucleare giapponese di Fukushima Daiichi.
I sistemi di raffreddamento erano stati gravemente danneggiati in più il nucleo di alcuni reattori ha incominciato a sciogliersi provocando così il rilascio di una grande quantità di materiale radioattivo nell’aria e nell’oceano.
Nonostante la TEPCO, la società che gestisce il reattore, ed il governo Giapponese, impreparati e scioccati dalla situazione, cercassero di guadagnare tempo omettendo le verità di ciò che stava accadendo nel territorio, la catastrofe radioattiva ha contaminato l’8% del territorio giapponese costringendo 160mila persone ad evacuare dalle proprie abitazioni.
Nell’aprile del 2011 il governo giapponese ritenne opportuno creare un’area proibita che si estendesse attorno alla centrale nucleare danneggiata, la cosiddetta “No-Go Zone”.
L’accesso a tale zona era vietato a chiunque in particolar modo a giornalisti e fotografi.
Il lavoro del fotografo Pierpaolo Mittica documenta l’inizio di questa catastrofe,
s’intitola ‘ Fukushima “NO-GO ZONE” ’. Questa ricerca fotografica dura un anno (2011-2012) ed è stata dedicata ad un suo caro amico, il famoso fotografo americano Walter Rosenblum.
Le immagini scattate dal Mittica sono scioccanti, emotivamente cariche ma al tempo stesso sono fotografie che non violano la dignità ed il rispetto della tragica situazione.
Grazie alla documentazione di questo fotografo riusciamo ad entrare in quella zona proibita: il respiro bloccato dalle mascherine per evitare di respirare la tossicità nell’aria, la sensazione di abbandono, lo stupore.
Questo è stato il secondo evento più drammatico e pericoloso di quello che accadde il 26 Aprile del 1986 a Chernobyl in Ucraina.
Nel primo anno di isolamento, la zona proibita era diventata una zona fantasma, una zona vuota che però veniva violata dagli addetti alla sicurezza, i cittadini che tornavano a casa con speciali autorizzazioni per poter riprendere quello che non era stato distrutto dal cataclisma, persone anziane che non volevano andarsene dalle loro abitazioni, persone e soccorritori che entravano illegalmente rischiando la loro salute per poter salvare gli animali sopravvissuti ma abbandonati ad un infelice destino.
Solamente grazie alle immagini che raccontano la situazione ci si può in minima parte immedesimare in chi, adesso, nonostante sia sopravvissuto non sa ancora se quella zona rimarrà un frangente di ricordi e radiazioni o forse potrà tornare ad essere un posto dove tornare a vivere.
Nonostante l’accaduto risalga a 10 anni fa, la situazione in quella zona del Giappone è ancora critica poiché ci sono aree che sono ancora notevolmente tossiche e radioattive e ci vorrà ancora tempo perché la situazione possa migliorare e, magari nella speranza, risolversi.
Nel corso degli anni si sono succeduti vari governi che hanno confuso e illuso gli abitanti giapponesi falsando un piano di decontaminazione che in realtà è risultato deludente ed inefficace. Una delle ipotetiche soluzioni che il governo giapponese
potrebbe adottare per poter rimediare è, non solo quello di risarcire le vittime che sono sopravvissute, ma soprattutto riorganizzare il piano energetico così da poter mettere al primo posto la sicurezza nazionale depennando l'utilizzo di energia nucleare e adottando fonti di energia rinnovabile così da evitare o per lo meno cercare di schivare che si verifichi nuovamente una tragedia del genere, considerando anche la situazione climatica e la sismicità del Giappone.
Foto di ©Pierpaolo Mittica
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